Palazzo Rocca Saporiti

Ex Casinazzo. Il Palazzo di struttura tardocinquecentesca, conserva, in un salone un soffitto a cassettoni e un fregio dipinti da artisti reggiani della seconda metà del sedicesimo secolo.

Indirizzo e contatti

Viale Murri, 7 - 42123 Reggio nell'Emilia
telefono 0522 296216 - Biblioteca Medica
sito web Biblioteca Medica

Orari

Durante gli orari di apertura della biblioteca medica.

Come arrivare

Reggio nell'Emilia

Il Palazzo si trova nei pressi dell'arcispedale Santa Maria Nuova, fuori dal centro storico. 
Servizio di trasporto pubblico Minibù H

Cenni storici

L’attuale Palazzo Rocca Saporiti, dal nome dell’ultima famiglia che ne fu proprietaria, è stato dimora di campagna, casino delle delizie e villa rustica della famiglia Ancini che nel 1498 acquistò un terreno su cui sorgeva una torre medievale fortificata.
La sua ubicazione sembra corrispondere alla precettistica in merito alle dimore di campagna: da porsi poco fuori la città, vicino a un fiume e con vista delle montagne, secondo una concezione già elaborata nell’antichità da Plinio e Vitruvio, poi ripresa in epoca umanistica che vede nell’otium agreste uno sgravio dagli eccessivi impegni cittadini e politici.
L’assetto architettonico ora visibile è il frutto di un accrescimento dell’edificio in varie fasi che culmina nella metà del ‘600 con l’imposizione dell’attuale facciata e che trasforma la primitiva dimora rustica in una raffinata residenza di campagna.
A dare lustro all’edificio come dimora di campagna è il soggiorno di cardinale Rinaldo I D’Este, vescovo di Reggio dal 1651 al 1660, alla cui presenza si fa risalire la costruzione della scala sterna che taglia il loggiato.
Nell ‘800 Enrichetta Ancini lascia il Palazzo in eredità a Luigi Ancini, primo sindaco di Reggio Emilia nel 1859. Pare esservi in quest’epoca un certo disinteresse per il casino, dove soggiorna, in affitto, il vescovo Guido Rocca Saporiti. Nell’Italia postunitaria si faceva fatica a giustificare e a mantenere questa lussuosa dimora di campagna per le requisitorie napoleoniche contro l’ aristocrazia e l’esaltazione borghese. È del 1885 il testamento con il quale Giovanni Ancini, figlio del sindaco Luigi Ancini, lascia tutto, a parte la quadreria, l’archivio di famiglia e la biblioteca, in
eredità alla Congregazione di carità. La pia istituzione sulle prime non seppe esattamente come mettere a frutto quel prezioso legato, tanto che nel 1891 il Casino e il Giardino veniva affittato al Conte Luigi Rati Opizzoni, per poi venire acquistato nel1904 dal Conte Alessandro Rocca Saporiti.
Passato poi al marchese Ippolito Gropallo Rocca Saporiti, divenne nuovamente oggetto dell’interesse della Congregazione di Carità che lo acquistò nel 1929, quando l’urgenza di avere un’ala specifica dell’ospedale che corrispondesse alle direttive igieniche nazionale per gli ammalati di tisi, fece pensare al palazzo, ormai divenuto Rocca Saporiti, come luogo ideale per allestire un padiglione destinato alle cure polmonari. Il marchese Gropallo Rocca Saporiti, privo di eredi e ben disposto verso la Congregazione di Carità, venne a patti per una vendita che favoriva l’istituzione sia nei modi che nella somma del pagamento. Le trattative di compravendita furono concluse il 22 novembre 1928 per la somma di lire 1.400.000. Una volta ritornato il Palazzo nelle mani dell’istituzione ormai divenuta “Ospedale S. Maria Nuova”, il progetto di trasformare il Casinazzo in un Tubercolosario venne scartato; presto furono mosse delle critiche sull’opportunità di sistemare proprio sull’entrata sud un sanatorio che avrebbe inquinato l’aria e l’acqua della città, mentre l’area di Ospizio, dove già sorgeva l’Istituto San Lazzaro sembrava più consona a questa destinazione.
Di fatto il Casinazzo, a parte ospitare al piano inferiore qualche aula della Scuola Elementare di San Pellegrino e venire poi “lottizzato in umilissime abitazioni popolari”, rimase inutilizzato e pertanto in uno stato di degrado crescente sino al provvedimento di tutela emesso nel 1970 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici dell’Emilia-Romagna e all’attuale recupero.
Allo stato attuale della ricerca, tenendo fede all’attribuzione degli affreschi del Casinazzo a Orazio Perucci e/o collaboratori, sarà opportuno collocarli dopo il soggiorno reggiano di Bernardino Campi, verso il 1590, probabilmente in concomitanza con le nozze di Girolamo Ancini e Ginevra Patrini, matrimonio per il quale potrebbe essere stato pensato il ciclo affrescato del salone cubico.