Un ricamo per la patria
La storia
Gennaio 1850. Il maggiore Ludovico Ferrari, non ancora ristabilito dalla ferita di nove mesi prima nella battaglia di Novara (dove era caduto il fratello Giulio), otteneva il permesso di rientrare a Reggio per curarsi in famiglia. Don Gaetano Chierici, che da tempo offriva i propri insegnamenti ad una Società di giovani studenti il cui fine era prodigarsi per l’unità nazionale, proponeva a quei giovani di organizzare una degna accoglienza all’eroe di guerra, oltretutto membro con il fratello martire di quella stessa società segreta. L’idea era di preparare un piccolo tricolore con la dedica "A chi sa meglio difendermi". A Ludovico Ferrari il voto degli Amici, per servirglielo, a conclusione di una cena conviviale, in mezzo ad una torta o su di un croccante.
La passione politica di Chierici era ben nota in città, fin dal 21 marzo 1848, quando, alla notizia della fuga del duca, tutta Reggio si era riversata esultante sul corso della Ghiara esibendo coccarde patriottiche. Di quella giornata memorabile egli aveva voluto inviare un fervido resoconto al nipote Luigi Frignani, giudice a Modena, nel quale, fra l’altro, si assicurava il sostegno dei cattolici italiani alla causa risorgimentale (“Interi battaglioni di preti si vedranno sul campo”). Nella Società degli studenti doveva talvolta tenere a freno le teste calde, che in precedenza non avevano esitato a fucilare in effigie il crudele Francesco IV, il duca che aveva fatto decapitare don Giuseppe Andreoli al Forte di Rubiera .
La cerimonia di consegna della banderuola (nella quale le bande tricolori sono orizzontali, non essendo ancora state codificate le caratteristiche del vessillo nazionale) avrebbe dovuto svolgersi con la massima segretezza e così pure la preparazione dell’evento. Fu di Chierici l’idea di far ricamare separatamente telo per telo (il bianco, il rosso e il verde), in tre diversi istituti di giovinette di cui era assistente spirituale, affinché non si vedesse, se non a opera ultimata, la combinazione dei tre colori. Tanta circospezione non fu sufficiente a passare inosservata: in un verbale della occhiuta polizia estense si può infatti leggere: “in casa Chierici, dove è un bonzo (prete indegno) che professa e tenta propagare le dottrine giobertiane delle quali è infatuato, tengonsi ogni dì adunanze di mal pensanti".
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